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Mossi dal sole nel Padrongianus che racconta

Veicolo fotovoltaico in dotazione al Parco

21 luglio 2014

Ogni paesaggio è come un libro.
Sapendone leggere le tracce, si segue il racconto della natura e dell’uomo che l’ha frequentata nei secoli.

Le visite guidate estive del venerdì pomeriggio al Padrongianus, gratuite per tutti, sono l’occasione per sperimentare la mobilità sostenibile garantita dal mezzo fotovoltaico e dai nostri piedi, che ci condurranno in una escursione non impegnativa, per sentire i racconti del fiume e della sua piana.
L’eco-veicolo può trasportare fino a 5 visitatori e si ricarica con i pannelli fotovoltaici presenti sul tetto e con l'energia elettrica prodotta dall'impianto fotovoltaico del Parco.

Nei primi metri del percorso a bordo del mezzo fotovoltaico, ecco le prime tracce: a sinistra un argine in pietra e cemento, a destra i resti di un sistema d’irrigazione con diga e pozzo. Questi ci raccontano la storia dei progetti di bonifica agricola portati avanti nella prima metà del '900 per rendere ricca e accessibile una piana, un tempo malarica e paludosa, utilizzata principalmente per il pascolo brado.
Proprio tali tracce ci mostrano come la storia si ripete: la diga, spaccata da una grossa ondata di piena degli anni ’50, ancora oggi rimane lì a ricordarci la potenza del fiume e della natura. Il Padrongianus è noto da sempre per le sue piene.

Contrariamente alla grande maggioranza dei fiumi di questa zona mantiene una buona portata d’acqua anche d’estate e questo favorisce la vita fluviale. Infatti, lungo il percorso dell’escursione, che si allontana di pochi metri dalla riva, ecco le piante tipiche delle zone umide: salici, ontani e tamerici. Appena possono, spuntano i ciuffi dei giunchi. I lecci, invece, sono frutto di un rimboschimento artificiale recente. E poi la macchia mediterranea che domina, con perastri, lentischi e olivastri.

Arrivati ai resti del ponte di legno vicino al fiume, si scende dal mezzo fotovoltaico e ci si dirige a piedi verso la collina panoramica. L’altura è bassa (ca. 30 m) ma da qui riusciamo a godere una vista del paesaggio che si stende a sud e ad ovest di Olbia.
È una delle poche zone pianeggianti estese del territorio gallurese, in genere più roccioso e impervio, come mostra la corona di colline e monti che delimitano la piana in lontananza. È da tutti questi monti che arriva un ventaglio di affluenti, da nord a sud, dal Limbara ai monti di Padru, che nutrono con le loro acque il nostro Padrongianus.
Dal colle vediamo le tracce di frequentazioni antiche: sulla collina dell’altra riva del fiume i resti del Nuraghe Torra e del villaggio, abitato anche in epoca romana, come dimostrano i ritrovamenti.
Spostando lo sguardo un po’ più ad ovest, sono ben visibili i resti della torre principale del castello di Pedres, fortificazione duecentesca, eretta ai tempi in cui Pisa aveva conquistato il controllo del Giudicato di Gallura. Anche il castello era costruito non lontano dalle rive del Padrongianus.
Spostando ancora un po’ lo sguardo verso sud ecco la chiesetta campestre di Sant’Angelo e, meno visibile in lontananza, quella di Spirito Santo: sono gli ultimi resti di una serie di piccoli villaggi rurali che popolavano la piana nel Medioevo e che già nel ‘600 erano abbandonati. Ci ricordano il lungo periodo di spopolamento della Gallura tra il ‘400 e il ‘700, dovuto a guerre e pestilenze.

Torniamo verso la valle e verso il mezzo fotovoltaico, per il ritorno alla base. Se saremo fortunati, vedremo qualche esemplare della popolosa comunità di testuggini (Testudo marginata) che vivono al parco, o magari qualche Biacco, che ama serpeggiare, innocuo, sui sentieri, e chissà… una velocissima Donnola. I più fortunati potrebbero vedere in volo il coloratissimo Martin pescatore, mascotte del Parco, che vive sulle rive del fiume.

(CS Costantino Pes - Alea Ricerca & Ambiente)

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