11 febbraio 2015
Oggi parliamo dell’agile, intelligente, elusiva volpe.
Al Parco finora non c’è stata occasione di avvistarla, ma una traccia evidente del suo passaggio ne ha confermato la presenza: un mucchietto di escrementi sul muro del lastricato. La nostra amica, contrariamente al gatto, invece di nascondere i suoi “bisognini”, li lascia in alto, bene in vista. Con le urine, è il suo modo per marcare il territorio. Nelle feci, poi, erano evidenti resti di noccioli di frutta, esempio della sua dieta, una combinazione di carne, pesce, verdure e frutti selvatici.
La volpe sarda (Vulpes vulpes ichnusae) è di stazza leggermente minore di quella continentale. Nelle parlate dell’isola è chiamata con una ricchezza di vocabolario sorprendente: mazzone, mariane, buccamala, mastru zoseppe, grodde, gallitzu, marxiani… In gallurese è in genere lu maccioni, ma anche cumpari mariani. È presente in varie espressioni idiomatiche: si pensi al gallurese “anda cu lu maccioni suttu tiddu” (va con la volpe sotto l’ascella) per indicare una persona furba e insincera. Un fungo a forma di sacchetto che si trova facilmente in campagna è detto tabaccu macciuninu. La volpe, volendo, fuma perfino!
Fra tutti gli animali selvatici della Sardegna, forse è il più… chiacchierato. Si dice sia furbissima e i racconti sulla sua malizia si sprecano. Sempre affamata: non a caso, c’è chi interpreta il termine sardo su mazzone, come “il pancione” (sa mazza = la pancia). Da qui gli occasionali misfatti a danno del suo vicino, l’uomo.
Perciò con la volpe, per l’uomo di campagna, è guerra senza quartiere. Un esempio: per tradizione in Sardegna, ci sono proprietari, pastori, o contadini, che una volta ucciso l’odiato animale, lo espongono ben in vista nel punto di passaggio, come segnale per i suoi simili: “Attenzione, pericolo di morte”. Azione che conferma l’idea che la volpe sia ritenuta molto intelligente, capace di cogliere la complessità di simboli, codici e segnali. Ma anche segnale di un odio che può sfociare nella crudeltà.
In città come Londra, invece, la volpe è diventata presenza abituale delle strade notturne, dove si nutre dei nostri rifiuti. A detta dei popoli anglosassoni, ha perfino un che di lussurioso. L’aggettivo foxy (da fox, volpe) è usato per qualificare donne sensuali e provocanti. In Cina e Giappone, poi, si pensava che assumesse sembianze femminili per ingannare i viandanti (maschi). In Giappone le sono dedicati numerosi templi.
In conclusione, tra i tanti animali selvatici, forse la volpe è quella che più si avvicina a noi: condivide parte dei nostri spazi, si appropria con destrezza dei nostri beni e nutrimenti. Quella che più solletica la nostra fantasia, popolando racconti e fiabe. Perciò a volte in sardo le assegniamo nomi di persona. Non sarà che ci assomiglia più di quanto vogliamo ammettere?
Consigli per la lettura: Il romanzo della volpe (Sellerio: 1980 – o altre edizioni), traduzione del godibilissimo Le Roman de Renart, raccolta medievale francese di racconti dedicati alla volpe.
(Costantino Pes - ALEA Ricerca & Ambiente)